I PERICOLI SI NASCONDONO ANCHE IN RETE
MODENA - Abbiamo ricevuto questa intervista di Beatrice Baldini a Daniel Rozenek, titolare della   Tekapp giovane azienda emiliana leader nel campo della sicurezza informatica.



Il nostro presente – e probabilmente il nostro futuro - è dominato dall’informatica: un insieme di strumenti che ha fatto evolvere l’economia, la scienza e lo stile di vita. Vi affidiamo i nostri dati, il nostro lavoro e i nostri rapporti con gli altri, creando un sistema di dispositivi collegati tra loro e che si influenzano a vicenda. Ogni giorno abbiamo a che fare con strumenti tecnologici, eppure spesso non ne conosciamo a fondo la potenza e siamo impreparati davanti ai pericoli che possono comportare.
Nasce così l’esigenza di rivolgersi a nuove imprese, i fornitori di servizi informatici e cyber security. Sono società informatiche incaricate di proteggere proattivamente i clienti dai pericoli della rete, primo fra tutti l’attacco da parte di hacker. Se ne occupa Daniel Rozenek, fondatore della start-up modenese TekApp, che rivende soluzioni tecnologiche per aziende di medie-grandi dimensioni: fornisce sicurezza informatica, servizi web (data center o domini email, ad esempio), istallazione di software ad hoc, Digital Marketing. Daniel, nel corso dei prossimi mesi, ci aiuterà a capire come si è evoluto il mondo del web e come fare a limitarne i pericoli quotidiani. Il tutto attraverso una rubrica settimanale che l’esperto d’origine israeliana Daniel Rozenek curerà in sinergia con la nostra redazione.

Che cosa vi permette di reggere la concorrenza con il resto dei rivenditori?

Innanzitutto la differenziazione, la capacità di offrire un’ampia varietà di servizi e tecnologie, anche estere. Io sono per metà italiano e per metà israeliano e ciò mi permette di importare facilmente nuovi prodotti da Israele, uno stato molto più tecnologico di noi. Inoltre selezioniamo il nostro target, senza “sparare” dispersivamente a tutte le imprese. Infine abbiamo una strategia di mercato detta In Bound Marketing, per cui non siamo noi a cercare il cliente e imporgli il prodotto: è il cliente a rivolgersi a noi, che lo informiamo sui punti deboli della sua rete e sulle possibili soluzioni lasciandolo libero di scegliere.

Il mercato italiano è abbastanza consapevole dell’importanza della sicurezza informatica?

In Italia manca soprattutto una cultura informatica: siamo ancora legati alla tecnologia del passato e poco sensibili verso la sicurezza informatica, anche se la situazione si sta lentamente evolvendo. Inoltre è fin troppo facile “improvvisarsi” rivenditore anche senza avere le competenze necessarie. Bisognerebbe diffondere informazione a partire dalle scuole e dare più spazio alle start up, che sono più aperte e ricettive verso le novità; da parte dello Stato, sanzionare le imprese che non proteggono i propri sistemi e istituire un albo professionale per assicurarsi che i rivenditori siano sufficientemente esperti.

Con le altre start up avete contatti o rapporti di collaborazione?

Ci sono alcune realtà più giovani di me con cui ho cooperato, il problema è che faticano a crescere senza un supporto dall’alto. È importante che lo Stato Italiano creda in queste nuove imprese: in Israele la situazione è totalmente diversa, con 600 nuove start up all’anno, che hanno già fruttato 80 miliardi di dollari solo nel campo della cyber security.

Ci sono aspetti della rete che dovete proteggere con più attenzione?

Noi offriamo una protezione denominata soc (security operations center); in particolare gli attacchi degli hacker si concentrano sempre più spesso sul lato “client”, il singolo pc per intenderci. Attraverso la strategia del “social engineering”, gli hacker ottengono informazioni tramite social network o email per entrare nel pc e poi accedere all’intero server. È su questo ambito che siamo specializzati.

Come vi assicurate che la vostra tecnologia sia all’altezza delle capacità degli hacker?

In realtà il loro linguaggio di programmazione è abbastanza standard, piuttosto va a colpire i punti deboli dei sistemi. Noi dunque facciamo “scouting”, ci rivolgiamo a produttori terzi e cerchiamo le soluzioni di protezione migliori possibili. Un livello di sicurezza al 100% è irraggiungibile, ma chi non si protegge non rischia soltanto in termini economici: mette in pericolo anche i dati dei clienti, rischia furti di idee, sabotaggi … Alcuni hacker si introducono nei sistemi per usarli come base per introdursi in altri sistemi, in modo che sia il server ospite a risultare colpevole.

La protezione che offrite riguarda anche i dispositivi mobili?

Inizialmente avevamo proposto un software di protezione israeliano, CommuniTake, da vendere alle compagnie telefoniche. Uno smarphone è ancora più vulnerabile di un computer e contiene foto, contatti, posizioni … Il problema è che il mercato italiano non è ancora pronto, per cui sicuramente riproporremo una simile tecnologia nel momento in cui si comprenderà l’importanza della protezione degli smartphones.

La crescente digitalizzazione ci renderà più vulnerabili di fronte agli attacchi informatici o viceversa ci fornirà più strumenti?

Penso che siano vere entrambe le cose: la tecnologia ci permette di crescere, ma ci porta a legare la nostra vita alla rete, mettendoci in un certo senso in pericolo. La tecnologia di cui disponiamo si è evoluta a velocità vertiginosa e va usata, perché è il futuro e perché non potremmo farne a meno; è chiaro che il fondamento di questo sviluppo deve essere la sicurezza e la protezione.


26/09/2017

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Paolo Ruini
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